martedì 31 ottobre 2017

Sicurezza, Privacy e Droni



Il fotografo dotato di drone è soltanto l’ultima tendenza del business dei matrimoni, in Italia fiorente come in poche altre parti del pianeta. La cosa che non sapete è che molto probabilmente avete assistito a una serie di i irregolarità, se non addirittura illeciti. Perché il fotografo in questione forse non aveva il brevetto di pilota e l’autorizzazione per il sorvolo di aree critiche, né era assicurato per danni a terzi. E in ogni caso, anche se provvisto di questi documenti, non avrebbe potuto volare su un assembramento di persone.

L’era dei droni è già presente, l’Italia è letteralmente invasa da questi mirabolanti quanto accessibili giocattoli tecnologici, le norme per regolarne l’utilizzo sono numerose e stringenti, ma gli utilizzatori spesso le ignorano o fingono di ignorarle. Con tutti i rischi del caso per la sicurezza pubblica. «Il nostro Paese – spiega Riccardo Delise, program manager di Enac per i mezzi aerei a pilotaggio remoto – può essere considerato all’avanguardia. Tuttavia, siccome ci troviamo di fronte a un settore giovane, non esiste ancora piena consapevolezza da parte degli utilizzatori di quali sono i propri obblighi». In tema di circolazione del velivolo e privacy.

Aeromodelli e aeromobil

Sul primo versante, il testo di riferimento è il «Regolamento mezzi aerei a pilotaggio remoto» pubblicato per la prima volta dall’Enac nel dicembre del 2013 e, da allora, per tre volte oggetto di emendamenti. Una prima, fondamentale distinzione è quella tra aeromodelli e aeromobili a pilotaggio remoto. «I primi – spiega Delise – sono i droni utilizzati a scopo ludico, i secondi quelli usati a scopo professionale, per attività che vanno dalle riprese al telerilevamento». Uno stesso drone – magari un comunissimo Phantom Dji acquistabile su Amazon per circa 400 euro – può essere considerato aeromodello o aeromobile a seconda dell’utilizzo e, conseguentemente, ne derivano condotte e obblighi molto diversi.

«Con un aeromodello a scopo ludico – aggiunge il funzionario di Enac – puoi volare solo al di fuori dei centri abitati, in aree non critiche. Con un aeromobile a scopo professionale puoi sorvolare le aree critiche, cioè le città». Fino a oggi l’Enac ha rilasciato 5.500 autorizzazioni per mezzi a pilotaggio remoto, di cui 5mila per aree non critiche e 500 per aree critiche. Possono circolare nelle aree critiche pur senza autorizzazione i droni al di sotto dei 300 grammi di peso con protezione alle eliche e una velocità inferiore ai 60 chilometri orari.

La differenza tra pilota e operatore

Nell’utilizzo a fini professionali, la regolamentazione distingue tra operatore e pilota, figure che all’atto pratico possono anche coincidere. «L’operatore – secondo De Lise – organizza il volo e quindi provvede a richiedere l’autorizzazione». Il pilota, se il volo ha finalità professionali, «deve essere in possesso di regolare brevetto». L’autorizzazione si chiede all’Enac e, in possesso di requisiti, la si ottiene dopo circa tre settimane. Il brevetto si consegue in una delle 45 scuole accreditate. Un corso da 30 missioni e cinque ore di volo costa qualche migliaio di euro. Poi c’è il tema dell’assicurazione, «obbligatoria per l’utilizzo professionale con massimale minimo di 900mila euro». Se ne trovano a premi di circa 200 euro. In tutti i casi, trasgredire non conviene: «Si rischiano – sottolinea Delise – le stesse sanzioni di chi commette violazioni con velivoli tradizionali».

Occhio alla privacy

Attenzione anche a come utilizzate eventuali scatti. «Fatti salvi gli usi a fini giornalistici, – precisa Giuseppe Busia, segretario generale del Garante della privacy - se si vogliono diffondere le riprese fatte col drone è necessario il consenso dei soggetti ripresi. Quando è difficile raccogliere il consenso, i soggetti devono essere irriconoscibili o perché ripresi da lontano o con volti offuscati». Sempre da evitare, perché sanzionabili, le riprese nelle proprietà private altrui.

E dal punto di vista di chi utilizza per fini professionali i droni, quali sono i problemi con cui ci si confronta tutti i giorni? Secondo Rocco Rorandelli, fotoreporter del collettivo Terra Project che è stato tra i primi in Italia ad avvicinarsi al mezzo seguendo per esempio il cammino dei migranti in viaggio dalla Grecia alla Germania per il New York Times, «c’è troppa disparità tra i regolamenti dei diversi Paesi europei. Occorrerebbe al più presto un’armonizzazione, per consentire agli operatori professionali di lavorare con gli stessi diritti e doveri in tutti gli Stati membri». Ci si dovrebbe arrivare nel 2020. Meglio tardi che mai.Guardate i consigli del Garante della Privacy in merito alla teamatica dei dei droni.

mercoledì 25 ottobre 2017

Infortuni sul lavoro obbligo di segnalare anche quelli di un giorno



In vigore l'obbligo previsto dal D.M. 183/2016 di comunicare gli infortuni superiori a un giorno entro 48 ore a fini statistici. 
 
Dal 12 ottobre 2017 è scattato l'obbligo datoriale di comunicare all'INAIL, a fini statistici e informativi, gli infortuni subiti sul lavoro che determinano una prognosi superiore a un giorno oltre a quello dell'infortunio. La finalità solo statistica affianca, senza intaccare, l'obbligo a fini assicurativi di comunicare gli infortuni superiori a 3 giorni.

L'obbligo trova la sua fonte nel decreto del Ministero del lavoro 183/2016 che ha precisato le regole tecniche per la realizzazione e il funzionamento del SINP (Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro). 

In prima battuta era stato fissato un termine di sei mesi per l'entrata in vigore, fissata al 12 aprile 2017, ma l'intervento del Decreto ‘Milleproroghe’ ha spostato le lancette di altri sei mesi (un anno dalla vigenza iniziale, ossia dal 12 ottobre 2016), pertanto l'obbligatorietà dell'adempimento è scattato dal 12 ottobre 2017.

Per effetto del D.M., l'articolo 18 del decreto legislativo n. 81 del 2008, stabilisce altresì l'obbligo del datore di lavoro di comunicare all'INAIL e all'IPSEMA, nonché per loro tramite, al sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP), entro 48 ore dalla ricezione del certificato medico, a fini statistici e informativi, i dati e le informazioni relativi agli infortuni sul lavoro che comportino l'assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell'evento e, a fini assicurativi, quelli relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro superiore a tre giorni.

La comunicazione risponde a finalità di orientamento, programmazione, pianificazione e valutazione dell'efficacia di azioni di prevenzione degli infortuni e delle malattie correlate al lavoro, nonché di indirizzo delle relative attività di vigilanza (per progressivamente migliorare i livelli di efficacia degli interventi).

In caso di mancata comunicazione entro i tempi richiesti, per gli infortuni "brevi" scatta la sanzione amministrativa pecuniaria da 548 a 1.972,80 euro, che sale da 1.096 a 4.932 euro se la comunicazione omessa riguarda gli infortuni superiori ai tre giorni.

Fonte: Assolavoro

mercoledì 18 ottobre 2017

Prevenzione incendi per oleifici e frantoi



Il Ministero dell’interno – Dipartimento dei Vigili del fuoco – ha reso disponibili le “LINEE GUIDA di Prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio delle attività di frantoio oleario – oleificio”, uno strumento che mira ad individuare un insieme di misure di prevenzione e di protezione finalizzate al contrasto del rischio di incendio nell’ambito della progettazione, costruzione ed esercizio delle attività di frantoio oleario-oleificio con deposito di olio d’oliva vergine.

Ricordiamo che l’attività di deposito di olio di oliva vergine costituisce un’attività soggetta al controllo dei Vigili del fuoco, in quanto ascrivibile al p.to 12 dell’Allegato 1 del DPR 151/2011. Il documento è il frutto della collaborazione tra Associazioni di categoria ed Uffici della Direzione centrale per la prevenzione e la sicurezza tecnica del Dipartimento dei Vigili del fuoco, del soccorso e della difesa civile. Vediamo un estratto del documento:

 5. - AREE ED IMPIANTI A RISCHIO SPECIFICO DEI FRANTOI

5.1 - GENERALITÀ

Gli impianti tecnologici del frantoio devono essere realizzati secondo la regola d’arte e la normativa vigente in materia. Gli stessi devono essere intercettabili da posizioni segnalate e facilmente accessibili.

 5.2 - CLASSIFICAZIONE

Le aree a rischio specifico sono così classificate:

  • spazi per depositi dei sottoprodotti o altri materiali infiammabili/combustibili (vedi 5.3.1),
  • depositi di materiali vari (cartone, pallet, plastica per imballaggio ecc.) necessari per l’esercizio dell’attività di confezionamento (vedi 5.3.2),
  • aree destinate alla ricarica degli accumulatori di carrelli elevatori e simili (vedi 5.4),
  • impianti di produzione calore (vedi 5.5).  


 5.3 - SPAZI PER DEPOSITI

5.3.1 – DEPOSITI DI NOCCIOLINO O DI ALTRI MATERIALI COMBUSTIBILI E INFIAMMABILI.

I depositi di nocciolino o di altri materiali infiammabili e combustibili devono essere, di regola, ubicati all’esterno dell’attività ed essere protetti dagli agenti atmosferici con strutture realizzate in materiale non combustibile. I depositi devono essere posizionati in maniera tale da evitare, in caso di incendio, la propagazione dello stesso all’interno dei locali dell’attività. Nei casi in cui i depositi siano ubicati all’interno dell’edificio, essi devono essere realizzati in locali appositi costituenti compartimento antincendio e rispondenti alle specifiche norme di prevenzione incendi. I depositi di nocciolino con quantitativi superiori a 50.000 kg, qualora siano verificate le condizioni di cui al punto 36 dell’Allegato 1 al D.P.R. 151/2001, sono soggetti agli adempimenti previsti dal medesimo decreto.

 5.3.2 – DEPOSITI DI MATERIALI VARI NECESSARI PER L’ESERCIZIO DELL’ATTIVITA DI CONFEZIONAMENTO

Tali depositi (contenenti ad esempio: cartone, pallet, plastica per imballaggi, serbatoi in plastica, ecc.) devono essere collocati in apposito locale costituente compartimento antincendio.  All’interno dei locali di lavorazione ed imbottigliamento è ammesso il deposito dei materiali necessari alla lavorazione giornaliera preventivamente individuata dal datore di lavoro.

5.4 – AREE DESTINATE ALLA RICARICA DEGLI ACCUMULATORI DI CARRELLI ELEVATORI E SIMILI

Le aree destinate alla ricarica degli accumulatori di carrelli elevatori, muletti e simili, nonché le eventuali officine per la manutenzione dei macchinari, sono ammesse all’interno dell’edificio in locali ad uso esclusivo, ubicati al piano terra, separati dagli altri ambienti mediante elementi aventi caratteristiche di resistenza al fuoco non inferiori a REI/EI 60 e dotate di aperture di ventilazione in grado di garantire la portata d’aria richiesta dalla norma EN 50272-3 (CEI 21- 42) “Batterie di trazione”.

 5.5 – IMPIANTI DI PRODUZIONE DI CALORE

Gli impianti di produzione del calore devono essere realizzati a regola d’arte e nel rispetto delle specifiche norme di prevenzione incendi.

[…]

 11. - SEGNALETICA DI SICUREZZA

Deve essere installata la segnaletica di sicurezza, espressamente finalizzata alla sicurezza antincendio, conforme al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, che indichi almeno:

  • le uscite di sicurezza e i relativi percorsi d’esodo;
  •  l’ubicazione dei mezzi fissi e portatili di estinzione incendi;
  • i divieti di fumare ed uso di fiamme libere;
  • i pulsanti di sgancio dell’alimentazione elettrica
  • i pulsanti di allarme.

12. - ORGANIZZAZIONE E GESTIONE DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO

L’organizzazione e la gestione della sicurezza deve rispondere ai criteri contenuti nel decreto del Ministero dell’interno 10 marzo 1998 (S.O.G.U. n. 81, del 7 aprile 1998) anche per quanto riguarda la formazione del personale. Questo deve essere formato in conformità all’articolo 37 del decreto legislativo 81/2008. Nell’attività devono essere collocate in vista le planimetrie dei locali, recanti la disposizione delle indicazioni delle vie di esodo e dei mezzi antincendio. Presso l’attività deve essere disponibile il piano di emergenza ed una planimetria generale, per le squadre di soccorso, riportante l’ubicazione:

  • delle vie di uscita (corridoi, scale, uscite);
  • dei mezzi e degli impianti di estinzione;
  • dei dispositivi di arresto degli impianti; 
  • dei dispositivi di arresto degli impianti elettrici e dell'impianto di distribuzione di gas combustibile o liquido infiammabile;
  • dei vari ambienti di pertinenza con indicazione delle relative destinazioni d'uso.



martedì 10 ottobre 2017

EU-OSHA e la campagna mondiale Visione Zero



L’EU-OSHA (l’Agenzia Europea per la sicurezza e la Salute sul Lavoro) è ora un partner ufficiale della campagna mondiale Visione Zero (Vision Zero) e collabora alla diffusione del messaggio secondo il quale tutti gli incidenti, i danni e tutte le malattie sul lavoro si possono prevenire adottando le misure adeguate in tempo utile. Nell’approccio alla prevenzione di Visione Zero, la sicurezza, la salute e il benessere sono integrati in tutti i livelli di lavoro. Grazie alla sua flessibilità, Visione Zero offre vantaggi a tutti i luoghi di lavoro, a tutte le imprese e industrie in ogni regione del mondo.

Questa campagna è stata lanciata a Singapore in occasione del Congresso mondiale sulla salute e sicurezza sul lavoro dall’Associazione internazionale della sicurezza sociale (AISS).  Secondo questo approccio gli incidenti sul lavoro e le malattie professionali non sono né predestinati, né inevitabili, ma hanno sempre delle cause ben precise. Costruendo una forte cultura di prevenzione, queste cause possono essere eliminate e gli incidenti, i danni e le malattie professionali correlate al lavoro dovrebbero essere evitati.

"Visione Zero" è un approccio di trasformazione alla prevenzione che integra le tre dimensioni della sicurezza, della salute e del benessere a tutti i livelli di lavoro. Infatti, le condizioni di lavoro sicure e salutari  non sono solo un obbligo giuridico e morale, ma ripagano anche economicamente. La ricerca internazionale sul rendimento degli investimenti nella prevenzione dimostra che ogni soldo investito in sicurezza e salute genera un potenziale beneficio e raddoppia gli effetti economici positivi. Le condizioni di lavoro sane inoltre contribuiscono a un'attività sana.

Il concetto di Vision Zero è flessibile e può essere adattato alle priorità specifiche di sicurezza, salute o benessere per la prevenzione in un determinato contesto. Grazie a questa flessibilità, Vision Zero è vantaggioso per qualsiasi posto di lavoro, impresa o industria in tutte le regioni del mondo

 Per saperne di più visitate  il sito web della campagna mondiale Visione Zero  ed unitevi  al movimento. Scopri la guida di Visione Zero con le 7 regole d’oro e le pratiche liste di controllo. 


Fonte: Eu-Osha

martedì 3 ottobre 2017

Il lavoro emozionale ed il surface acting



L’attuazione da parte del lavoratore della strategia di gestione delle emozioni surface acting porta a modificare la propria espressione facciale e corporea lasciando però intatta l’emozione realmente provata, dato che, nel lavoro emozionale sono spesso coinvolte espressioni negative, queste non vengono eliminate ma al contrario soppresse, continuando a incidere negativamente sul benessere dell’individuo.

La stretta relazione tra surface acting e esaurimento è già stata oggetto di indagini, che hanno evidenziato come il mascheramento insito nella strategia sembrerebbe portare all’esaurimento. Questo effetto negativo esercitato dal surface acting, viene confermato dai risultati del presente lavoro. Si mostra infatti, come la strategia sia associata a uno stato di esaurimento emotivo dato dalle eccessive richieste al lavoro, che generano un sovraccarico dal punto di vista emotivo.

In linea con ciò, i dati rivelano che l’influenza negativa di questa strategia di gestione delle emozioni al lavoro, sul work engagement considerato come uno stato positivo collegato al lavoro caratterizzato da tre realtà: vigore, dedizione e assorbimento. Inoltre, si è voluto studiare ciò che viene definito come processo energetico, cioè la relazione tra le richieste lavorative e outcomes negativi dovuto all’intervento del burnout). Questo processo si verifica nella situazione in cui il lavoro richiede all’individuo un sforzo tale da generare ripercussioni sullo stato fisico e psicologico delle persone e su problemi diretti sulla salute. 

Ll’esistenza di tale processo è stata confermata, infatti, il surface acting che viene considerato in questo caso come una domanda lavorativa eccessiva, dato il continuo sforzo richiesto per il mascheramento delle emozioni realmente provate per attenersi alle norme imposte dal contesto, incide sullo stato di malessere generale tramite la mediazione dell’esaurimento emotivo, considerato il cuore del burnout.  Altro aspetto che si è approfondito , riguarda quei legami che sono al di fuori dei classici processi energetico e motivazionale precedentemente descritti ed ampliamente dimostrati da numerosi studi in letteratura.

I risultati ottenuti mostrano l’esistenza di questi legami, dimostrando come, nel gruppo di professionisti in analisi, una richiesta come il surface acting eserciti un impatto sul work engagement e sull’identificazione organizzativa. Tale effetto tuttavia, non appare diretto ma mediato: il surface acting non agisce cioè direttamente sull’identificazione organizzativa ma, lo fa solamente in relazione al il work engagement.  Nello specifico, le richieste emotive eccessive esercitano un effetto positivo sul surface acting, contrariamente il carico di richieste esercita un effetto negativo sul work engagement considerato un elemento positivo per la salute del lavoratore.

Dato che come già dimostrato in letteratura, il surface acting sembra avere delle ricadute negative sullo stato di benessere a causa dello sforzo che il camuffamento delle reali emozioni sperimentate richiede  e che il work engagement al contrario, è associato a stati positivi, si può quindi concludere che le richieste emotive eccessive appaiono influenzare negativamente lo stato di benessere del lavoratore.