martedì 1 novembre 2016

Lo Sport e la sicurezza



Le tutele previste dalle norme di salute e sicurezza sul lavoro riguardano anche il mondo dello sport, sia con riferimento ai giocatori e agli sportivi professionisti sia con riguardo a coloro che frequentano un centro sportivo a livello amatoriale come sportivi o frequentatori o a coloro che praticano sport in qualunque altra situazione (ludica, ricreativa, scolastica, ginnica non agonistica etc.).

Implicando lo sport dei rischi particolari già insiti nel gioco stesso, la giurisprudenza ha elaborato princìpi particolari per attribuire le responsabilità in caso di infortunio occorso ai giocatori professionisti, i quali devono ricevere comunque tutte le tutele previste dalla legge per la salvaguardia della loro salute.  Analogamente colui che gestisce un centro sportivo, una piscina, un campo da calcio e così via, è tenuto a tutelare non solo i lavoratori ma anche i terzi utenti e frequentatori.

Gli infortuni nel mondo dello sport e delle attività ludiche, infatti, possono riguardare non solo i lavoratori ma anche i terzi, cioè persone che praticano uno sport o un’attività ricreativa (e che sono comunque destinatari di tutele per legge) o persone che non praticano ma che sono comunque presenti nel medesimo contesto in cui si svolge il gioco o lo sport e quindi esposti al rischio di essere danneggiati da coloro che la praticano. A volte i terzi danneggiati sono ragazzi minorenni che praticano un’attività ludica in un centro organizzato dal cui gestore dovrebbero essere tutelati con tutte le misure organizzative, tecniche e procedurali necessarie.

La Corte di Cassazione, ad esempio nel caso dell’infortunio di un atleta professionista durante lo svolgimento dell’attività sportiva afferma (in una sua sentenza del 2000) che “determinati e specifici lavori comportano per loro natura dei rischi per la salute del lavoratore, e tra questi va annoverato lo svolgimento di una attività sportiva agonistica, tenuto conto della pericolosità insita nel suo svolgimento e dei rischi ineliminabili, in tutto o in parte, da parte del datore di lavoro rispetto alla possibilità dell’atleta di subire un infortunio nel corso della prestazione lavorativa.

Rispetto a detti lavori non risulta, pertanto, configurabile una responsabilità del datore di lavoro, se non nel caso che detto imprenditore con comportamenti specifici, da provarsi di volta in volta da colui che assume di essere danneggiato, determini un aggravamento di quel tasso di rischio e di pericolosità ricollegato alla natura dell’attività che il lavoratore è chiamato a svolgere

In altri casi la questione è più complessa e le variabili da analizzare sono maggiori. Per poter gestire tale complessità, la Cassazione ha pertanto elaborato dei criteri che prevedono che la sussistenza o meno di alcune condizioni , legate al contesto, al tipo di sport e alle modalità del fatto, funga da vero e proprio discrimine e quindi da  spartiacque tra la responsabilità e la non responsabilità.

Fonte:  Punto Sicuro

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