martedì 31 maggio 2016

Decreto Ministeriale adeguamento scuole



Pubblicato in Gazzetta Ufficiale n° 121 del 25 maggio 2016 il decreto ministeriale del 12 maggio 2016 che avvia il piano per l'adeguamento delle scuole alle norme di prevenzione e protezione dagli incendi.  Sono previste scadenze differenziate entro le quali tutti gli istituti dovranno provvedere a mettere in atto gli adempimenti previsti dal DM del 26 agosto 1992.


Le scuole esistenti alla data di entrata in vigore del provvedimento (26 maggio 2016), non in regola sul fronte antincendio, dovranno mettere in atto un piano di adeguamento in più step, con una prima scadenza fissata al 26 agosto (tre mesi dall'entrata in vigore del Dm) e un'altra al 26 novembre 2016.

Entro la fine di agosto tutte le scuole dovranno provvedere all'adeguamento degli impianti elettrici, dotati di interruttore generale con comando di sgancio a distanza. Obbligatorio anche il sistema di allarme da attivare in caso di pericolo.

Nel decreto si fa riferimento anche al Progetto antincendio nonché al progetto di modifiche da apportare a quelli esistenti, che comportino un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio. Il progetto deve indicare le opere di adeguamento ai requisiti di sicurezza , inoltre si specifica che al termine degli adeguamenti  e comunque entro la scadenza del termine del 31 dicembre 2016, deve essere presentata la SCIA (segnalazione certificata di inizio attività).

Gli estintori dovranno essere disposti in ragione di almeno un estintore per ogni 200 metri quadrati di pavimento, con un minimo di due estintori per piano. Deve essere garantita la segnaletica per la sicurezza, nonché la predisposizione del registro dei controlli periodici e del piano di emergenza.

Le scuole realizzate dopo l'entrata in vigore del Decreto del ministero dell'Interno del 26 agosto 1992 dovranno attuare le restanti misure in essa previste entro il 26 novembre 2016 (cioè sei mesi dall'entrata in vigore del Dm 12 maggio 2016).

Diverso infine è il caso degli istituti realizzati prima dell'entrata in vigore del Decreto del ministero per i Lavori pubblici del 18 dicembre 1975: entro il 26 novembre 2016 dovranno attuare solo alcune delle misure per la sicurezza. Tra i requisiti da garantire c'è l'evacuazione in caso di emergenza, e dunque l'adeguamento del sistema di vie d'uscita, compresa la predisposizione di scale esterne, a prova di fumo o a prova di fumo interne. Obbligatorio, inoltre, dotarsi di impianto elettrico di sicurezza e della rete di idranti.

Gli edifici scolastici e i locali adibiti a scuole esistenti sono esentati dall'obbligo di adeguamento qualora siano in possesso del certificato di prevenzione incendi, in corso di validità, o sia stata presentata la segnalazione certificata di inizio attività di cui all'art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151.

martedì 24 maggio 2016

Prevenzione rischi elettrici nei cantieri edili



Nei cantieri edili molti fattori (natura delle lavorazioni, molteplicità di mansioni e competenze, precarietà degli impianti, condizioni ambientali, ...) concorrono ad aumentare i rischi derivanti dall’utilizzo degli impianti elettrici. Ed è dunque necessaria un’attenta analisi delle condizioni del cantiere che deve mirare ad evidenziare i rischi e le soluzioni più adatte a fronteggiarli.

Per parlare degli impianti elettrici nei cantieri, con riferimento a leggi e normative tecniche,  ci possiamo rifare al documento “ Guida pratica all’antinfortunistica nei cantieri edili”, realizzata dall’ AUSL di Reggio Emilia e dalla Regione Emilia Romagna.
 
La guida ricorda che l’installazione degli impianti elettrici sia eseguita da imprese in possesso di idonei requisiti tecnico professionali. E le imprese installatrici “sono tenute a realizzare gli impianti secondo la regola dell’arte, in conformità alla normativa vigente e sono responsabili della corretta esecuzione degli stessi.

Gli impianti realizzati in conformità alla vigente normativa e alle norme dell’UNI, del CEI o di altri Enti di normalizzazione appartenenti agli Stati membri dell’Unione europea o che sono parti contraenti dell’accordo sullo spazio economico europeo, si considerano eseguiti secondo la regola dell’arte”.

Inoltre il datore di lavoro “deve provvedere affinché gli edifici, gli impianti, le strutture, le attrezzature, siano protetti dagli effetti dei fulmini realizzati secondo le norme tecniche”. E “nel caso l’impianto di protezione contro le scariche atmosferiche non sia installato, serve dimostrare, mediante una relazione tecnica redatta ai sensi delle specifiche norme, che gli edifici, gli impianti, le strutture e le attrezzature siano auto protette dagli effetti dei fulmini”.

La guida si sofferma ampiamente su quanto richiesto dal DPR 22 ottobre 2001, n. 462, “Regolamento di semplificazione del procedimento per la denuncia di installazioni e dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche, di dispositivi di messa a terra di impianti elettrici e di impianti elettrici pericolosi”, che ha disciplinato i procedimenti relativi alle installazioni ed ai dispositivi di protezione contro le scariche atmosferiche e agli impianti elettrici di messa a terra.

Il documento riporta inoltre indicazioni tratte dalla norma CEI 64-17 “Guida all'esecuzione degli impianti elettrici nei cantieri”. Ad esempio riguardo alla gestione dell’impianto elettrico, la guida CEI 64-17 suggerisce una gestione dell’impianto attraverso le seguenti fasi:

  • verifiche iniziali;
  • supervisione e verifiche periodiche;
  •  manutenzione;
  •  riparazioni e modifiche;
  • recuperi per fine utilizzo;
  • trasporti e immagazzinamento;
  • riparazione e verifica per riutilizzo.


martedì 17 maggio 2016

La tragedia della Thyssenkrupp e la mancata prevenzione sulla sicurezza nei luoghi di lavoro



Quello che è successo nella notte tra il 5 ed il 6 dicembre del 2007, nella fabbrica tedesca della Thyssen di Torino, rappresenta una delle pagine nere della mancata prevenzione sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Sette lavoratori morti bruciati dopo lunghe agonie con ustioni sul 95 per cento del corpo. Le indagini della Procura di Torino furono immediate e veloci utilizzando metodi di perquisizioni e sequestri, pratica fino allora mai svolta, nelle indagini relative agli incidenti sul lavoro. La linea seguita fu chiara fin dall’inizio individuando nel vertice aziendale e nei dirigenti dello stabilimento i soggetti che avevano omesso l’applicazione della legge.

Dopo tre mesi l’inchiesta fu chiusa portando a conoscenza come quei lavoratori erano morti in una fabbrica che stava chiudendo. Per la proprietà non valeva la pena investire dei soldi in quello stabilimento che si stava smantellando: però vi lavoravano ancora un centinaio di lavoratori destinati alla produzione di acciaio. In una fabbrica con condizioni di crescente abbandono e totale insicurezza (basti ricordare una fotografia emblematica con decine e decine di estintori accatastati ed abbandonati in un angolo dello stabilimento).

Il primo processo, dopo 4 anni dall’incidente, si svolse nel 2011 e l’amministratore delegato della Thyssenkrupp in Italia, Harald Espenhahn fu condannato a 16 anni di reclusione in quanto il Tribunale accolse la tesi dell’omicidio volontario con dolo eventuale. In sintesi il dirigente era consapevole della possibilità che potessero accadere gravi incidenti. Naturalmente non poteva prevedere che si sarebbe verificato un incendio di tali dimensioni ma era l’enunciazione di quello che giuridicamente viene definito il “dolo eventuale”.

Nel processo di appello del 2013 la Corte di Assise cancellò la natura dei reati contestati, riducendo l’entità della condanna, ripristinando la questione nell’alveo dell’omicidio colposo escludendo il celebre dolo eventuale che iniziava a far breccia nella giurisprudenza delle morti sul lavoro. L’anno successivo, nel 2014, La Corte di Cassazione rimandò il processo alla Corte di Torino per il solo ricalcolo delle pene.

Un nuovo processo si celebrò nel 2015 che stabilì le condanne che IV sezione penale della Cassazione ha confermato nella seduta del 13 maggio scorso: 9 anni e 8 mesi all’amministratore tedesco, 7 anni al responsabile della sede di Terni (sede del gruppo) ed al direttore dello stabilimento di Torino, 6 anni e 10 mesi ai dirigenti del gruppo ed al Responsabile del Servizio di Prevenzione e di Protezione.

Una sentenza che non si commenta ma si esegue e le porte del carcere si sono aperte per gli imputati italiani. La condanna non è mai una vittoria o una festa. Una sentenza che deve essere speranza per i lavoratori nella giustizia e deve far riflettere gli imprenditori sul valore della sicurezza che non deve essere disgiunto dal lavoro e dalla produzione. Le persone che hanno sbagliato devono pagare. Applicare le norme di prevenzione di salute e sicurezza devono essere applicate per evitare questo tipo di processi.

Fonte: AiFOS

lunedì 9 maggio 2016

La "Casa del Welfare” alla Giornata Nazionale della Previdenza 2016



In Piazza del Plebiscito a Napoli, dal 10 al 12 maggio, la VI edizione della "Giornata Nazionale della Previdenza"  vede la partecipazione della "Casa del Welfare", lo spazio istituzionale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, gestito in collaborazione con gli Enti vigilati e le Agenzie tecniche, per rendere completa l'informazione sul funzionamento del sistema del welfare in Italia.


La "Casa del Welfare" è il risultato della sinergia con la quale tali Enti operano per offrire al cittadino un unico punto per fornire servizi e informazioni sui temi del lavoro e delle politiche sociali, delle tutele e della previdenza.

Presso lo spazio espositivo presente alla manifestazione è possibile fruire direttamente di alcuni servizi ed è disponibile personale specializzato per offrire al cittadino indicazioni su: come orientarsi nel mercato del lavoro in base anche alle novità introdotte dal Jobs Act, come si persegue la sicurezza sul lavoro, quali tutele sono previste per chi perde il lavoro, come si costruisce il futuro dal punto di vista previdenziale.

Mercoledì 11 maggio si terrà il convegno dedicato a  "La nuova Agenzia Nazionale per le ispezioni del lavoro: legalità e welfare per lo sviluppo" che  vede la partecipazione, tra gli altri, del Sottosegretario del Ministero  On. L. Bobba e del Direttore Generale dell'Ispettorato  dott. P. Pennesi.  

martedì 3 maggio 2016

Rischi dell’esposizione professionale a silice libera cristallina



E’ disponibile sul sito INAIL il volume “ Network Italiano Silice. La valutazione dell’esposizione professionale a silice libera cristallina“. Dal 2003 il Network Italiano Silice (NIS), di cui l’Inail è uno dei fondatori, è costantemente impegnato a stimolare e promuovere iniziative mirate al contenimento delle esposizioni, divulgando documenti tecnici utili a gestire tale rischio in tutti i suoi aspetti. Il volume rappresenta la versione aggiornata al 2015 dei documenti tecnico-scientifici pubblicati dal NIS nel 2005 in tema di epidemiologia, normativa, sorveglianza sanitaria e metodi di campionamento e analisi.

Il problema dell’esposizione a SLC nei luoghi di lavoro è particolarmente rilevante, essendo tale agente di rischio presente in numerose attività lavorative. La SLC è infatti estremamente comune in natura e utilizzata in una vasta gamma di prodotti di uso civile e industriale. La pericolosità di tale agente, già nota da tempo, è stata rivalutata dalla IARC che, nella monografia 100C/2010, sulla base di una nuova revisione della letteratura di merito, ha confermato che la silice è un cancerogeno di categoria 1, nelle sue forme di cristobalite e quarzo.

La valutazione del rischio di esposizione a SLC presenta molteplici criticità connesse sia ad aspetti tecnico-operativi, sia a questioni di carattere normativo ed organizzativo ancora irrisolte, anche per la mancanza di VLE nazionali per le diverse forme di SLC. A tal proposito va puntualizzato che in Italia, mentre in sede giudiziale e in alcuni contratti di lavoro collettivi è prassi riferirsi al TLV-TWA® proposto dall’ACGIH, il limite di esposizione oltre il quale decorre l’obbligo per le aziende di essere assicurate contro il rischio silicosi è stabilito dal Ministero del Lavoro.

 Il documento propone le prassi operative che il Gruppo “Igiene Industriale” del Nis ha elaborato in tema di accertamento del rischio di esposizione a SLC, allo scopo di fornire utili indicazioni a tutti gli operatori pubblici e privati impegnati in tale attività. Seguendo per quanto possibile le indicazioni delle norme europee e nazionali vigenti, il documento fornisce suggerimenti pratici sui temi della strategia di campionamento, dei sistemi di prelievo delle frazioni dimensionali delle polveri aerodisperse, delle tecniche e dei metodi di analisi applicabili per il dosaggio di tale analita nelle polveri. Vengono infine affrontati gli aspetti della trattazione statistica dei dati e dei sistemi di valutazione della conformità con il VLE.

Nelle lavorazioni in cui è prevista la presenza di SLC respirabile è necessario valutare il rischio e provvedere alla sua gestione, abbattendo o comunque limitando la diffusione in aria delle polveri contenenti tale sostanza per ridurne il suo effetto nocivo.

Tenuto conto dell’attuale classificazione della SLC, le istanze relative alla tutela della salute in ambito lavorativo e agli aspetti di prevenzione, trovano oggi rispondenza nel D.lgs. 81/2008 e s.m.i. agli artt. 224 e 225 del Capo I “Protezione da agenti chimici”, Titolo IX, dove si fa riferimento esplicito: 1) alle misure e ai principi generali per la prevenzione dai rischi di esposizione a sostanze pericolose e 2) alle misure specifiche di prevenzione e protezione da adottare per limitare tale rischio (ad es.: sostituzione della sostanza, progettazione di processi produttivi, misure organizzative e di protezione collettiva ed individuale e sorveglianza sanitaria).

Nonostante la classificazione IARC, non vi è attualmente per la SLC una chiara corrispondenza ai criteri di classificazione per le sostanze cancerogene o mutagene di categoria 1A e 1B previste nell’Allegato I del Regolamento CLP. Sul tema, al momento non esiste inoltre una Direttiva europea recepita dallo Stato Italiano o una Normativa Nazionale o Regionale che identifichi, per la silice, una modalità di esposizione cancerogena come sostanza, preparato o processo di cui all’Allegato XLII del D.lgs. 81/2008 e s.m.i.

Fonte: INAIL